MARCO PISTOLESI

MARCO PISTOLESI

Marco Pistolesi (Treviso, 1980 – )

“Volare? Si può fare”. Il campione del mondo racconta l’emozione di stare in cielo a 300 km orari

“Nel wingsuit è il nostro corpo che vola”, testimonia il campione italiano di Tuta alare Marco Pistolesi che nel 2019 sarà direttore di gara ai Mondiali di Ravenna

A cinquecento anni dalla morte di Leonardo la passione dell’uomo per il volo non si è esaurita, anzi. Riutilizzando una celebre battuta di Frankenstein Junior: “Si può fare”, questa è la testimonianza di Marco Pistolesi, campione italiano di Wingsuit flying, categoria Performance nel 2018. Wingsuit, o Tuta alare, è uno sport adrenalinico che ha acquisito notevole fama negli ultimi anni. Gli appassionati di questa disciplina si tuffano da un aereo, da un’altezza che definire vertiginosa è riduttivo, e volano letteralmente nell’aria grazie a una speciale tuta alare che li fa somigliare a uno scoiattolo volante.

Trevigiano d’origine, Marco Pistolesi ha un rapporto importante anche con la città di Ravenna: è proprio qui che, nel giugno 2018, ha vinto il Campionato Italiano Wingsuit, e sempre allo Skydive PullOut presso l’aeroporto di Ravenna, Marco si presenterà come direttore di gara per la Coppa del Mondo dell’agosto 2019. Oltre ad essere campione nazionale, l’atleta di Treviso è stato portacolori italiano agli ultimi mondiali di tuta alare.

Come si è avvicinato a questa disciplina sportiva?

Mi sono avvicinato al volo grazie a mio padre che è un pilota d’aliante. Per me, quindi, il volo senza motore è nel Dna. L’ambiante dell’aliante però era composto da molte persone di una certa età e io invece avevo vent’anni. Nel paracadutismo ho trovato un ambiente molto più giovane, ma ancora non ero contento, perchè a me non bastava scendere dal cielo: io volevo volare. Questo (il wingsuit, ndr) è volare. Qui si ha la sensazione di smettere di cadere. Nell’aereo è la macchina a volare, mentre nel wingsuit è il nostro corpo che vola.

Che preparazione è necessaria per affrontare questo sport?

Soprattutto una preparazione mentale. Certo, essere in forma ti aiuta a evitare la fatica e l’acido lattico, perchè quando sei alla fine del volo non senti più le braccia. Però la vera preparazione è psicologica. C’è un margine d’errore da rispettare, finché lo rispetti sei al sicuro.

Nei mondiali di agosto lei sarà direttore di gara. Come si sente a passare dall’altro lato della barricata?

Male. Sento una voglia incredibile di gareggiare. Ma io non ho chiuso con le competizioni. Quest’anno in molti mi hanno chiesti di organizzare questo evento e ne vado fiero, ma poi voglio tornare a gareggiare in cielo.

Lei è stato anche il primo italiano a competere nella Coppa del mondo di Wingsuit…

Sì e l’anno successivo mi è stato chiesto di capitanare la squadra italiana. Ancora oggi sento una grande commozione. Ma oltre alle emozioni nel Wingsuit, come in altri sport, si assiste a un grande spettacolo di fratellanza. Stavo partecipando a una gara nel 2015 e un altro atleta, che aveva intuito un grande vantaggio tecnico per affrontare la gara, si è messo a speiegare questo “trucchetto” ai suoi avversai. Alla fine è arrivato ventesimo, quando invece avrebbe potuto vincere. Questo dimostra come lo sport possa essere un tavolo d’incontro per tanti popoli. E quest’anno la gara e la Riviera romagnola saranno la tavola perfetta per questo dialogo internazionale.

Parlando della gara vera e propria: come si determinerà la vittoria dei concorrenti?

Ci sono due categorie di gara: Acro e Performance. Le gare Acro prevedono due manche per squadre di tre persone. Gli atleti affronteranno esercizi obbligatori e coreografie libere e saranno giudicati in base all’esecuzione e alla difficoltà dell’esercizio. Nella categoria Performance si compete singolarmente. Ciascuno fa tre manche suddivise in tre salti, per un totale di nove voli. Le tre manche non sono uguali. Una valuta la distanza percorsa dall’atleta in volo, la seconda misura la sua velocità massima che può avvicinarsi ai 300 chilometri orari. E infine si fa una gara di “lentezza”, dove i competitor devono cercare di volare alla velocità minima, di solito vicina ai 30 chilometri orari. I punteggi delle tre manche determinano il campione.

tratto da: RavennaToday – 11 marzo 2019 – Matteo Pezzani

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