LA SERENISSIMA

LA SERENISSIMA

87° Squadriglia La Serenissima

La squadriglia viene approvata dal Comando Supremo nel dicembre 1917 il quale assegna aerei Ansaldo S.V.A. 5  i quali, fallito il loro ruolo da caccia in quanto poco maneggevoli e di scarsa visibilità anteriore,  sono però ottimi ricognitori.

La squadriglia viene poi formalmente costituita il 2 febbraio 1918 con 18 piloti ed altrettanti S.V.A  sul campo di Ponte S. Pietro a Bergamo. Il nucleo iniziale del reparto, al comando del capitano Pietro Masprone, è composto dai tenenti Giordano Bruno Granzarolo, Aldo Finzi ed Antonio Locatelli, coi sottotenenti Francesco Ferrarin, Carlo Fornasari, Alberto Grazzini, Lionello Marani e Guglielmo Vianini. Fornasari a fine maggio venne rimandato ad un reparto da caccia perché giudicato inidoneo alla ricognizione. Tragica ed oscura la parabola dell’alto, distinto, irruente, Finzi. Nel 1923 divenne Vicecommissario all’Aeronautica nel primo governo Mussolini e se ne dimise in seguito al coinvolgimento nell’affare Matteotti per ritirarsi a vita privata. Venne trucidato dai tedeschi il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine perché di origine ebraica e partigiano.

La squadriglia, composta essenzialmente da veneti per volontà del Comando Supremo, adotta il nome di “Serenissima” e sulle fusoliere degli SVA compare il gonfalone scarlatto della Repubblica di Venezia.

L’unità è inizialmente basata a S.Pelagio, nei pressi di Padova, ma il 21 febbraio riceve l’ordine di trasferirsi (eccetto la 3° Sezione) per ferrovia ed è a Ghedi, alle dipendenze dell’XI Gruppo, La prima missione ha luogo il 30 marzo, quando Locatelli compie una ricognizione fotografica sulla Val Lagarina. Il 5 maggio viene effettuata un’altra ricognizione, questa volta in formazione, su Trento e il bombardamento della centrale di Stenico. A tale scopo sugli S.V.A. sono montati tre attacchi per altrettante bombe da 162 mm, due sul lato sinistro della fusoliera ed uno a destra.

Il 9 maggio il tenente Michelangelo Riccardini si ferisce cappottando con il suo S.V.A. 11806, costretto ad atterrare fuori campo, mentre illeso è il sottotenente Vincenzo Contratti, che però distrugge il suo biplano, l’esemplare 11723, atterrando a Piane Lunghe per un guasto al motore. La squadriglia acquista fiducia nelle sue macchine, e già il 21 maggio Ferrarin e Locatelli compiono di loro iniziativa una ricognizione sul lago di Costanza per fotografare gli stabilimenti Zeppeling a Friedrichshaven coprendo 750km in 4 ore e 4 minuti.

Nel frattempo il reparto è tornato il 20 maggio 1918 a S. Pelagio e viene rinforzato di uomini. Alla fine del mese si sono aggiunti i tenenti Ludovico Censi, Piero Massoni, Domenico Pastorello, ed i sottotenenti Umberto Garelli, Giuseppe Sarti e Gioacchino Sartor. La 87  ͣ Squadriglia in questo periodo esegue un completo rilevamento del fronte sul Piave spingendosi poi fino a Zagabria, Fiume e Pola. Questa piazzaforte viene anche bombardata il 17 luglio da sei S.V.A., tre sono dovuti rientrare per noie varie, assieme a 20 aeroplani Caproni. Alla missione partecipa anche il sergente Gino Allegri. Il sottoufficiale, il cui vero nome è Girolamo, estroverso ed eccentrico, meriterà da D’Annunzio per la precoce calvizie e la folta barba rossiccia il soprannome “Fra Ginepro”. Nel frattempo i comandi superiori avevano valutato di compiere una missione di eccezionale importanza propagandistica, il volo su Vienna di una formazione di aerei italiani per lanciarvi manifestini. L’idea in realtà non era nuova, e spesso era stata propugnata da D’Annunzio, che vi pensava addirittura dal 1915, ma solo ora con il nuovo S.V.A. pare possibile. Masprone a fine giugno, dopo un colloquio con il generale Bongiovanni, Comandate Superiore dell’Aeronautica, dà subito inizio ai preparativi per la missione, che dovrebbe svolgersi con 14 aerei. Tra questi vi è anche l’approntamento di un biposto, ottenuto dalla trasformazione di un monoposto, per D’Annunzio, che altrimenti non avrebbe partecipare all’impresa e al solo pensiero faceva fuoco e fiamme. A collaudarlo, assieme ad altri esemplari, è il capitano Natale Palli, che sarà il pilota del poeta pescarese. L’aereo del “comandante”, come viene chiamato D’Annunzio, non si differenzia dagli altri solo per la configurazione biposto, ma anche per l’insegna, realizzata dal pittore Piero Marussig. Il leone alato di S. Marco non porta il Vangelo aperto come nella tradizione, ma inalbera nella zampa destra una ben più minacciosa spada. Un cartiglio ai piedi della figura reca il motto latino “Iterum rudit Leo”, nuovamente ruggisce il leone. Questo aereo, la matricola 12736, è conservato al Vittoriale, l’ultima residenza del poeta, ed è stato restaurato nel 1988 dalla sezione di Torino del gruppo Amici Velivoli Storici.

Sulle code degli S.V.A., ad eccezione nuovamente del biposto che ha dipinte delle stelle, vengono imposti dei numeri da 1 a 10.

La sera del 1° agosto tutto è pronto e viene deciso di tentare l’impresa il giorno successivo. Ma il 2 la formazione, decollata regolarmente, è costretta dal maltempo a rinunciare quando è già sulle Alpi e per la stessa causa, questa volta sull’Isonzo, deve tornare indietro l’8.  Masprone ottiene il permesso di tentare per la terza e ultima volta il 9, con 11 aerei, giacchè tre di quelli preparati si sono danneggiati al rientro il 2.

Alle 5.50 di mattina parte l’aereo di Palli e D’Annunzio, che essendo disarmato, come aereo di punta può essere protetto dagli altri, seguito poi dai restanti 10. Palli oltretutto, per la sua abilità di navigatore era chiamato dai compagni “il piccione viaggiatore”, ed a lui e a Locatelli era affidato il compito di tenere la rotta. Ad innalzarsi dietro D’Annunzio nel cielo ormai chiaro sono Allegri, Censi, Contratti, Granzarolo, Ferrarin, Finzi, Locatelli, Masprone, Massoni e Sarti. Le matricole note, oltre al biposto, sono l’11721 di Granzarolo, ora esposto a Vigna di Valle, l’11777 di “Fra Ginepro” conservato al museo Caproni, l’11779 di Finzi e l’11801 di Sarti. Ad esse si aggiunga l’esemplare 11720, di cui però non si conosce il pilota.

Dopo poco son costretti a tornare indietro per problemi ai motori Contratti e Ferrarin, quest’ultimo per la rabbia e il dispiacere ebbe addirittura un attacco di fegato. Anche un altro SVA abbandona la formazione, quello di Masprone, che si sfascia atterrando in emergenza in un bosco e causando al pilota anche una ferita alla mandibola. Gli altri otto aerei procedono regolarmente e varcano il confine, mentre una serie di ritardi misti ad incredulità blocca la reazione degli austriaci.

Nel cielo di Wiener Neustadt Sarti si stacca dalla formazione per un guasto al motore ed è costretto a planare su di un prato nei pressi di Schwarzau. Il pilota italiano, che prima di essere preso prigioniero è riuscito a bruciare il suo biplano, viene portato sul vicino campo di Wiener.  Alle 9.15 la pattuglia italiana si stende splendida nel sole di Vienna. Ordinatamente, come previsto, i biplani percorrono la città lanciando nel centro manifestini tricolore incitanti alla rivolta, scritti in italiano e in tedesco da D’Annunzio  dal giornalista Ugo Ojetti.

Dopo una ventina di minuti la formazione, assolutamente indisturbata, riprende la rotta di casa. Vanamente gruppi di caccia austriaci si levavano all’inseguimento dei beffardi incursori, che filano a 160 km/h. Un poco di apprensione per le batterie antiaeree e poi ecco S. Pelagio, dove tutti atterrano felicemente poco dopo la mezza. L’eco del volo è enorme in Italia ed all’estero, tutti vengono decorati, ma le enormi energie profuse nell’impresa riveleranno presto l’altra faccia della medaglia. Il 16 agosto 1918 viene ordinata una lunga ricognizione di 800 km ad una pattuglia di 4 S.V.A. composta da Allegri, , Massoni, Granzarolo e Finzi. Quando due aerei sono costretti a ritornare per noie al motore, anche gli altri due rientrano, secondo gli ordini ricevuti alla partenza dal comandante di squadriglia. Peggio ancora, quando il colonello Carta, del Comando Aeronautica a Disposizione, si reca al reparto per scoprire perché di 22 aerei in carico ne siano efficienti solo 2. Inoltre  scopre che la carenza di velivoli aveva suscitato violente proteste da parte di Finzi. L’animoso pilota di Legnago non solo si era opposto alla lunga ricognizione, giudicandola giustamente non eseguibile e contraria al buon senso del servizio, ma aveva anche rifiutato di firmare l’ordine per presa visione. Con sconcerto il colonello Carta si rende conto che gli aerei della 87  ͣ sono assolutamente inefficienti ai fini bellici. Inoltre viene ascritto a demerito Masprone  per i rapporti trascesi con i piloti che arrivano a discuterne gli ordini. Il fatto poi che l’ufficiale compisse pochissime azioni di guerra, aveva portato il personale a considerare comandante effettivo Finzi. I suggerimenti del colonello Carta vengono accolti in pieno. Masprone, cui però vengono riconosciute ottime doti di organizzazione e di tecnico, viene trasferito a disposizione del Comando Supremo, Finzi alla prima Sezione SVA della I Armata e Locatelli, cui viene addebitata una parte non lieve della faccenda, allo stormo SVA della Squadriglia Siluranti Aeree di D’Annunzio. A comandare l’87^ viene destinato il 7 settembre 1918  il cap. Palli, cui è anche affidato il compito non lieve di ricostruire il reparto provvedendo anche che piloti con minor numero di voli di guerra raggiungano gli altri nella preparazione, pena l’esclusione dalla squadriglia. Palli, che perirà tragicamente il 20 marzo 1919 sulle Alpi tentando di collegare Roma con Parigi a bordo del fido SVA 11720, si rivela un capace comandante e nessuno sarà costretto ad abbandonare il reparto.

Il rapporto di Carta, oltre a svelarci le dinamiche interne della squadriglia, riporta anche gli aerei in carico all’unità “alle ore 14.10 del giorno 16 agosto 1918”.

Sono dunque presenti gli SVA 6840, 6846, 6775, 6778, 11713, 11714, 11722, 11721, 11726, 11736, 11737, 11777, 11779, 11780, 11800, 11805, 11806, 11853, 11895, 11911, 11912, 11916 e 12736, quest’ultimo, come sappiamo, è il biposto. Le cure di Palli, oltre che efficaci, sono anche rapide, perché un congruo numero di aerei il 24 ed il 31 va a bombardare Franzenfeste, o Fortezza, come la chiamano gli italiani. All’azione partecipa anche il tenente Ferruccio Marzari, da poco giunto al reparto.

Ulteriori azioni importanti sono quelle del 14 settembre, quando 7 SVA, divisi in due pattuglie, bombardano i depositi di Osoppo, e quella del 17 sullo scalo ferroviario di Casarsa, con altrettanti aerei. La 87  ͣSquadriglia è intanto passata al IV Gruppo.

Il 5 ottobre, di ritorno da una missione su Aviano assieme ad altri, gli SVA di Vianini e Allegri entrano in collisione nei pressi del campo di San Pelagio. Mentre Vianini riesce ad atterrare senza eccessivi problemi, il povero “Fra Ginepro” perde la vita a causa dell’esplosione dell’aereo in fase di atterraggio, per via di una bomba a bordo inesplosa. La sua memoria viene onorata con la Medaglia d’Oro al Valore Militare.

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