LUIGI BONGIOVANNI

LUIGI BONGIOVANNI

Luigi Bongiovanni (Reggio nell’Emilia, 8 dicembre 1866 – Roma, 4 aprile 1941) 

Nato a Reggio Emilia l’8 dic. 1866 da Giuseppe e da Carolina Bigliardi, studiò all’Accademia militare di Torino e nel 1886 fu nominato sottotenente di artiglieria, entrando poi nel Corpo di Stato Maggiore Dal 1901 al 1905 fu in Giappone con la missione militare italiana; dal 1911 al 1914 fu in Cirenaica come capo di Stato Maggiore prima della 2adivisione speciale e poi del Corpo di occupazione della Cirenaica, conseguendo una medaglia di argento al valore nello sbarco di Bengasi (19 ott. 1911) e la promozione a tenente colonnello per merito di guerra nel novembre 1912, acquistando fama di ufficiale esperto ed energico. Nel 1914-15 fu addetto militare a Berlino durante il delicato periodo della neutralità italiana. Assai apprezzato dalle autorità militari germaniche, poté nei suoi rapporti a Roma dare un quadro fedele dell’atteggiamento degli ufficiali tedeschi dinnanzi alla guerra di posizione. Nel 1915 il B., promosso colonnello, entrò in campagna come capo di Stato Maggiore del VI e poi del II corpo di armata; nel maggio 1916 assunse il comando della brigata Ancona, distinguendosi nella difesa del saliente trentino e ottenendo la croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia nel combattimento di Monte Novegno (12-13 giugno 1916) e la medaglia d’argento per i combattimenti in Vallarsa (25 giugno-12 luglio 1916). Nell’agosto 1916 passò al comando della brigata Firenze, nel settore di Plava, e fu promosso maggior generale; nel maggio 1917 salì al comando della 3a divisione, con la quale partecipò alle battaglie del Kuk-Vodice e della Bainsizza. Il 7 ott. 1917 il B. fu posto a capo del VII corpo d’armata, che poco dopo venne destinato a schierarsi in seconda linea nella zona di Caporetto per assicurare la saldatura tra il IV corpo del generale Cavaciocchi, a cavallo del massiccio del Monte Nero, e il XXVII del generale Badoglio, che fronteggiava Tolmino.

Alla vigilia dell’offensiva austro-tedesca, il VII corpo non aveva ancora completato il suo schieramento sulle alture della destra dell’Isonzo con le divisioni appena assegnategli (3a e 62a ); insufficienti erano inoltre i collegamenti con i comandi di Badoglio e Cavaciocchi e non definiti i rispettivi settori. Il 24 ottobre le truppe austro-tedesche, superate rapidamente le linee di Badoglio, ebbero ragione delle truppe del B. con relativa facilità, approfittando della sorpresa tattica e del terreno favorevole; il VII corpo fu travolto reparto per reparto e cessò praticamente di esistere come grande unità il giorno seguente, malgrado il tentativo del B. di contromanovrare con le scarse riserve. Il 29 ottobre i superstiti passarono il Tagliamento a Piniano; il VII corpo d’armata fu sciolto a fine novembre e il B. fu destinato al comando della 69a divisione, che tenne fino al febbraio seguente. Tuttavia l’inchiesta sulla disfatta non censurò l’operato del B. a Caporetto, ritenendolo vittima della sorpresa alla stessa stregua di Badoglio.

Nel marzo 1918 il B. assunse il comando dell’aeronautica italiana, alle dipendenze dirette del Comando supremo, rivelando nel nuovo incarico notevoli doti di organizzatore e legando il suo nome al momento di maggior fortuna dell’aviazione italiana; pur propugnando sempre l’impiego in massa degli aerei, favorì anche imprese spettacolari come il volo su Vienna di D’Annunzio (9 agosto 1918), con il quale era legato. da amicizia (v. L. B., G. D’Annunzio. aviatore in guerra, in Nuova antol., 16 marzo 1939).

Sotto il comando del B. fu curato particolarmente l’addestramento dei piloti (il numero delle scuole salì da 17 nel 1917 a 30 ne 1918) e del personale di terra. Per sfruttare meglio le possibilità operative del bombardamento e della caccia, il B. propugnò e ottenne la costituzione della massa da bombardamento e di quella da caccia. Fu intensificato il servizio di esplorazione in campo strategico e soprattutto tattico: è di quell’anno la costituzione del Gruppo I. (Gruppo Informazioni), adibito all’esplorazione del territorio nemico per più di 300 km di profondità, alla fotografia (ogni 15 giorni si fotografavano gli aeroporti nemici) e alla propaganda mediante il lancio di manifestini.

Lasciato il comando dell’aeronautica nel marzo 1919, il B., promosso nel frattempo tenente generale, fu per breve tempo comandante superiore delle forze italiane nel Mediterraneo orientale, con sede a Rodi. Nel 1920 abbandonò il servizio attivo, ma nel dicembre 1922 fu richiamato in servizio e nominato governatore della Cirenaica (7 genn. 1923) col compito di realizzare la riconquista della regione.

In Cirenaica, dove il controllo italiano era limitato a una ristretta fascia costiera, e dove il parlamento locale di Bengasi era sotto la presidenza del senusso Safī ad Dīn, che cercava di ottenere un’autonomia più vasta di quella che il trattato di er-Regima aveva riconosciuto alla regione, egli dette pratica attuazione alla nuova politica perseguita da Federzoni con la denuncia dei patti. Proclamò subito lo stato di assedio e, al rifiuto del senusso di rispettare i precedenti accordi di Bū Mariam (30 ott. 1921), dette inizio alle operazioni militari, rioccupando il Sud bengasino fino ad Agedabia (21 apr. 1923). Dichiarò quindi decaduti gli accordi con la Senussia, continuando le operazioni militari.

Nel 1924 un incidente di volo costrinse il B. a lasciare il governatorato (24 maggio 1924); collocato a riposo, venne nominato membro (e dal 1927 presidente di sezione) del Consiglio superiore delle Colonie. Senatore nel 1929, r. commissario dell’Istituto agronomico per l’Africa italiana nel periodo 1930-35, continuò a occuparsi di problemi coloniali e militari, collaborando anche a varie riviste.

Morì a Roma il 4 apr. 1941.

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